La bandiera nera nella gabbia sospesa
di Predrag Matvejevic

Ho conosciuto Fraddosio dapprima sulla scena teatrale. Sue infatti le scenografie di tre lavori di Rocco Familiari: al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 2003, per il dramma “L’odore” (con Enrico Lo Verso), e, l’anno successivo, richiamato da Missiroli per “Amleto in prova”; al Teatro di Messina per il dramma “Agata”, da cui il regista Zanussi ha tratto la sceneggiatura per il suo film “Il sole nero”, interpretato da Valeria Golino.

È solo più tardi che ho avuto occasione di vedere anche le sculture.

Non riuscivo immediatamente a “catalogare” questi straordinari oggetti, anche se mi rendevo conto della loro specificità poetica. Una prima interpretazione mi spingeva verso Jean (Hans) Arp e il suo “Berger des nuages”, cioè verso una sorta di “art brut” che fu, fino a tempi recenti, di moda. Ma l’originalità di questo scultore, pittore, disegnatore non si lascia ridurre a facili analogie né costringere dentro abituali categorie.

Le sue “Tensioni e Torsioni” sono delle vere “compressioni esplosive”, trasformano nello stesso tempo la forma e il contenuto, se è permesso dividere queste due cose, qui unite in, e da, una strana “materia del tempo”. Entrano in gioco le varietà o le qualità dei materiali di cui l’artista si serve: ferro, legno, tela, forse pure certe specie di catrame, di carbone o cemento, di gesso anche, e di Dio sa che altro ancora…

L’opera che segnalo, per la sua esposizione nell’ambito della mostra veneziana, è la più recente di Fraddosio: “Bandiera nera dentro una gabbia sospesa”. Una struttura curvilinea, realizzata con i materiali cari all’artista, legno, cartongesso, catrame, imprigionata dentro una struttura di metallo arrugginito. È un oggetto di straordinaria potenza evocativa e simbolica, che meriterebbe di diventare l’emblema di una rassegna che rappresenta uno sforzo inaudito di imporre il senso, l’imprescindibilità, dell’arte, in un tempo e in una società che sembra invece rifiutarla.

 

di Predrag Matvejevic