Luce nera – Lucca, 2012

Usher Arte, Lucca

dal 18/2/2007 al 19/3/2007

La recentissima produzione delle carte, 24 lavori creati tra il 2010 e il 2011, compresa anche un’ampia serie di bozzetti che documentano una parte dell’attività dell’artista come scenografo teatrale.

Materiale correlato

Le opere esposte in questa mostra appartengono al secondo ciclo

Commenti critici e interviste relativi alla mostra

Nelle carte la tensione creativa del nostro artista è essenzialmente “antipittorica”, rifuggendo l’uso del pigmento cromatico tradizionale. Fraddosio usa infatti materie assai diverse che hanno a che fare con l’idea di costruzione edilizia (di origine fossile come l’asfalto liquido e il catrame o di origine calcarea come il cemento), con la natura (l’acqua, il legno e i lapilli), con il linguaggio artistico (la pittura acrilica, la carta e il gesso), dando vita ad una contaminazione arte-natura-metropoli che si identifica compiutamente anche dal punto di vista tecnico e materico con gli obiettivi della sua ricerca.
Nelle carte “bianche” affiorano spesso, come se fossero sudari consunti, tracce di immemorabili ere geologiche su cui si imprime il volto del tempo. In queste opere, a cui è estranea qualsiasi intenzione progettuale, è più forte l’impronta materica dell’eredità informale e Fraddosio sembra dare immagine ad una sorta di scenario post-apocalittico fatto di boschi incendiati o di luoghi sommersi dalla neve e dal ghiaccio. Ne emerge un magma comunque pulsante e polifonico, non riducibile ad un’idea di pura rappresentazione.
Nelle carte più recenti qualsiasi pur lontano riferimento “naturalistico” viene meno così come l’uso del bianco e prevale un mirabile e corrusco splendore in cui si ascolta il canto all’unisono di tecnica e materia, con una raffinatezza che mantiene intatta una terribilità quasi originaria, cosmogonica, data dal succedersi di immense catastrofi, come è evidente nell’inquietante Stazione nove o nello strepitoso e metamorfico Numero quattro. In quest’opera graffi, incisioni, concrezioni, combustioni, dilavamenti, abissi vertiginosi, riflessi d’oro e d’alabastro, barlumi di trasparenze impreviste promanano un’anima mundi che si fa pelle materica nell’implacabile connubio fra natura naturata e natura naturans, fra particolare ed universale, fra soggetto ed oggetto, fra la genesi della forma e il suo divenire. Ne emerge infatti una «elegante terribilità», in sé spiazzante, fra abissi minacciosi d’ombre impreviste e squarci di catartiche luci dorate. In carte come Trama nera e Linea d’ombra viene modulato in altri termini anche quel rapporto dialettico fra deflagrazione materica ed estremi residui di una struttura originariamente geometrica (i relitti delle certezze razionali?) che contraddistingue le sculture e le opere d’assemblaggio del nostro artista.
Gabriele Simongini